Votes taken by tayger

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    In effetti ancor prima di leggere i vostri commenti, mi sono chiesto pure io se fosse necessario avere i figli di Will Smith.. forse in una sorta di scaramanzia vuole far ripercorrere gli stessi passi che lo hanno portato al grande successo ai propri figli..
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    E' un tipo di attore particolare... nel senso che secondo me impersona perfettamente l'aplomb inglese, per cui sempre un po' distaccato, sornione, capace comunque di essere sempre molto intenso.

    Quello che può eventualmente essere considerato un difetto, secondo il mio modesto parere, è che possa essere impiegato "solamente" in commedie e drammi, e quanto possa esistere tra i due generi.

    Vederlo in altri ruoli penso sia alquanto improbabile, non avendo il physique du role per film d'azione (come può invece capitare con Liam Nesson ad esempio) od horror.

    Certo è che in qualsiasi film in costume io lo troverei sempre in parte :)
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    Ti aspettiamo :)
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    Ti è piaciuto? Ho sentito pareri discordanti..
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    Benvenuta! Qui ti leggeremo sempre con piacere! E se poi proietti tutta questa voglia di raccontarti anche nei film, siamo a posto :)

    Addirittura potresti aprirti un piccolo angolo nello spazio Recensioni film/ rubriche, dove alcuni di noi tengono topic relativi ad argomenti di interesse personale.. io ad esempio curo quello sugli zombie, sulle capigliature strane di hollywood e relazioni tra film e videogiochi :)
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    Grazie a te!

    E' tutto relativo, ma il fatto che su imdb abbia 8,2 qualcosa vorrà dire, e spero di convincere tante altre persone a guardarlo, perché merita veramente tanto secondo me.
    E come te, anche io sono stato attratto prima di tutto dal titolo, poetico e capace di suscitare la curiosità di sapere da cosa nasca questo "infinito".

    Senza svelar dettagli che tuttavia si possono ben immaginare, è la sensazione di pace e leggerezza verso sé stessi e verso la vita, nel momento in cui senti che sai di trovarti dove vuoi e dove dovresti trovarti, sentirti come vuoi e dovresti sentirti, al pieno della vita, al pieno delle tue possibilità, al di sopra di qualunque nube offuschi l'esistenza.
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    noi-siamo-infinito_cover



    Un film incredibilmente bello che passerà probabilmente in sordina. Uno di quelli il cui destino al box office pare essere scritto sin dall'inizio, da non si sa quale mano, ma che meriterebbe molto di più di quanto potrebbe mai raccogliere.
    Perché pellicole che sappiano emozionare e far vibrare corde ormai inusuali sono sempre più rare, capaci di tormentare e far sognare allo stesso tempo, senza soluzione di continuità, senza necessità di scendere ad eccessi stilistici o scenografici, ma con la sola e semplice capacità di saper raccontare una storia. O un'esperienza, nel caso in esame.
    Varca i confini tra i generi e riesce a restarci in bilico con perfetto equilibrio, sapendo dosare i momenti migliori di ciascuno di essi, partendo dalla spensieratezza delle teen comedy per arrivare all'introspezione psicologica delle pellicole più drammatiche, riuscendo a mescolare ogni ingrediente in maniera sapiente ed oculata, senza eccedere in uno o nell'altro ambito, creando una miscela affascinante e suadente.
    Un film che a dispetto del fuorviante trailer, non è indirizzato ad un semplice pubblico adolescenziale, ma che sa raccogliere consensi in una forbice più ampia di spettatori, dal più smaliziato al più romantico sognatore: perché uno dei pregi è proprio saper prendere per mano ed accompagnare chiunque si appresti a vederlo in un percorso emozionale ed emozionante, che trova il suo ideale punto di partenza da una delle esperienze più comuni, il periodo scolastico e l'adolescenza, sicuramente uno dei più radicati e caratterizzanti ciascuno di noi, e che può far riemergere ricordi agrodolci.
    Ed è proprio in questa commistione di sensazioni che si eleva la bellezza del film, perché qualsiasi sia il momento ritratto dal film, non è mai frivolo, mai trattato con leggerezza, bensì con la matura consapevolezza di chi si guarda indietro ed adotta una prospettiva molto più ricca di sfumature di quanto possa mai esserlo una teen comedy.
    Di per sé è una scelta quasi obbligata, essendo il cuore della sceneggiatura il dramma vissuto dal protagonista, ma che viene sfruttato brillantemente per fotografare uno di quei momenti, periodi, in cui il fardello del passato pare essere troppo pesante per poter guardare serenamente al futuro.
    Ed è questo senso di disorientamento il fulcro attorno al quale si sviluppa la storia del protagonista, colpito duramente dalla vita negli affetti ed incapace di riprenderla in mano, privo di punti di riferimento che sappiano orientarlo ma ancora desideroso di risvegliarsi dal torpore del dolore, risvegliarsi e ricominciare a vivere.
    Non da solo, perché il peso che si porta dentro è troppo per una persona sola ma ancora capace di tendere la mano verso nuovi amici che, con fatica, riesce a trovare. E che lo aiutano, non solo a ritrovare sé stesso, ma anche a farlo crescere, maturare, affrontare il suo inferno personale.
    Intrecci di vita, frammenti che si incontrano e si scontrano, dalle cui scintille nascono passioni ardenti e flebili confessioni, segreti che si svelano ed esistenze che si spogliano delle maschere.

    Un film sorprendente, che potrebbe non piacere a tutti, ma che merita di essere visto, non solo per il valore della pellicola in sé, ma anche in prospettiva, poiché parte dei suoi pregi risiedono anche nei giovani attori, che sanno imprimere indelebilemente nella mente degli spettatori figure vive e vivaci, affamate di vita e di emozioni, tanto verosimili da non sembrare -paradossalmente- solo personaggi.

    Nota di merito tra i tre protagonisti va a Emma Watson, capace di sdoganarsi dal personaggio per cui tutti la conosciamo, in un ruolo che sa valorizzare le sue doti ed imprime al suo curriculum un ruolo valido in un genere -tra i generi- impegnato.

    E che personalmente stupisce, essendo partito pieno di pregiudizi sulle sue performance fuori da mondi fatati, ma che riesce abilmente a non farsi eclissare dagli altri due protagonisti della pellicola che, seppur palpabilmente più a loro agio nei panni rivestiti, sa comunque esprimere al meglio il suo potenziale.

    Piccola nota: un buon film viene accompagnato anche da una buona colonna sonora, e questa non è l'eccezione che conferma la regola.

    Edited by tayger - 14/2/2013, 18:20
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    Una delle frasi che si sussurra da sempre nel mondo del cinema è che le idee siano finite, le sceneggiature originali latitino, la fantasia sia scomparsa. Vero o falso che sia, è certo almeno che uno dei tamponi per questa fantomatica (alcuni aggiungerebbero cronica) crisi sia l'industria videoludica.
    E per certi versi non potrebbe essere altrimenti, data la natura stessi dei media: entrambi raccontano storie, esperienze e vicissitudini nelle quali lo spettatore può immedesimarvisi, pur con mezzi diversi.
    Differenza sostanziale è l'ovvia interazione, molto più interattiva per i videogiochi, molto più passiva per i film; ma il confine tende ad essere sempre più labile, sempre più impercettibile, soprattutto sul fronte dei videogames.
    Non di rado capita che, dinanzi ai prodigi tecnologici in termini di grafica di grande impatto, sia necessario anche offrire un altrettanto importante background nel quale immergere il giocatore, saperlo rapire ed intrattenere nel migliore dei modi.
    Il percorso inverso è invece piuttosto, come da cappello introduttivo, un saccheggio di idee, una bacinella da cui attingere di quando in quando nuovi spunti e plot, da ributtare su celluloide e dare in pasto ai fan speranzosi.

    Dal tono chiaramente si evince quanto in genere questi film siano piuttosto deludenti, non solo per gli aficionados, ma anche per uno spettatore comune: è pratica diffusa infatti lo sfruttamento fine a sé stesso del marchio famoso, con la consapevolezza che comunque un pubblico (di nicchia o meno) lo si attira a prescindere, mosso più dalla curiosità e dalla passione che dal valore del prodotto in sé.
    Come non ricordare quindi l'ormai tristemente famoso Street Fighter - Sfida finale, che segna, oltre che uno smacco al brand videoludico, anche una delle prime crepe nelle carriere di Jean Claud Van Damme. Il difetto principale, che si ripercuote poi senza soluzione di continuità in molti altri film tratti dai cosiddetti picchiaduro (ossia i giochi di combattimento), è la insana idea di voler sempre dar spazio a tutti i personaggi presenti nel videogioco, che in genere si aggirano sempre su numeri a due cifre.
    Questo implica pertanto uno spazio dato a ciascuno di esso assolutamente risibile, con background spessi come una sottiletta e una funzionalità legata nel migliore dei casi ad una decina di minuti rispetto a tutta la durata, per sparire poi senza troppi se e ma.

    Questa costante si ripete per un qualsiasi film tratto dai picchiaduro, e pertanto tale difetto viene limato soltanto nel caso in cui già alla fonte ci sia un roster di personaggi abbastanza limitato, come nel caso del primo Mortal Kombat, o di DOA: Dead or alive.

    Fermo restando che già in origine le trame, se non sono scontate e prevedibili, sono all'inverso talmente inventate da risultare ridicole, rendendo quindi ancora più semplice il lavoro degli sceneggiatori, che non devono sforzarsi, né in caso che nell'altro, di adattare adeguatamente la storia.

    Non esistono però soltanto occasioni mancate, ma è più plausibile parlare di casi più unici che rari, che a parer mio trovano un comun denominatore nel fatto che sin dall'inizio vi sia una trama decente da trasporre, qualcosa che abbia già dato modo di impressionare chiunque abbia avuto modo di interagirvi e che dunque ne abbia decretato il successo.

    E questo fattore, nelle megaproduzioni moderne, sta diventando sempre di più un fattore chiave del successo, che permette, oltre all'evoluzione grafica, alla giocabilità e quanto strettamente connesso al mondo videoludico, di creare una propria identità, inequivocabile e facilmente riconoscibile.

    Esempio lampante è la serie Call of Duty, che con l'ultimissimo capitolo Black Ops 2 ha ingaggiato tra le sue fila David S. Goyer, niente meno che uno degli sceneggiatori dell'ultimo Batman di Nolan, il ritorno del cavaliere oscuro.
    Casualità lo stesso videogioco ci permette di fare altri esempi su quanto il legame tra i due mondi stia diventando sempre più stretto, poiché a doppiare uno dei personaggi principali sarà Giancarlo Nannini.

    Si tratta ormai di uno scambio proficuo, che però genera benefici di stampo differente: quando è una software house che richiama il cinema, spesso i prodotti diventano epici, grandiosi, esperienze totali che coinvolgono milioni di persone. Se è il cinema che si ispira i videogiochi... i risultati sono molto più altalenanti.

    To be continued...

    Edited by tayger - 17/10/2012, 21:00
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    Il cinema da qualche anno a questa parte è sempre stato tacciato di mancanza di originalità, e mai come negli ultimi anni è stata buttata benzina sul fuoco della polemica, attraverso reboot, newquel e prequel.
    Se in certi casi l’operazione è andata a buon fine (Batman begins e The dark knight su tutti), in altri il risultato ha lasciato a desiderare, acuendo non solo il presentimento di cui sopra, ma anche la sensazione che Hollywood sia governata anzitutto dalla legge del profitto, il cui cinismo porta a riesumare icone storiche, insensibile allo stuolo di fan ed aficionados.
    Con questa premessa Terminator Salvation si presenta nelle sale di tutto il mondo, per riportare in auge un vero e proprio simbolo degli anni ’90, che ha permesso ad Arnold Schwarznegger di imprimere con prepotenza la propria immagine nelle menti degli spettatori, attraverso un ciclo di tre film.
    Nelle intenzioni del produttore questo nuovo capitolo dovrebbe aprire una nuova trilogia, riprendendo le vicende narrate nei primi capitoli (a parte il terzo, Le macchine ribelli, praticamente ignorato) e trasporle nel futuro annunciatoci da Sarah Connor (Linda Hamilton).
    Messo nelle mani di McG (Charlie’s angels e Charlie’s angels più che mai), il timore che la nuova svolta possa avere riflessi più pop e patinati rispetto al glorioso passato, viene in parte smentito, proiettando sullo schermo il futuro apocalittico come sempre ci è stato descritto, reso al meglio dagli strabilianti effetti speciali.
    I maghi della computer grafica non si sprecano nell’inventare nuovi e temibili cyborg, ma proprio in questo eccesso risiede uno dei primi problemi del film: nessuno di questi ha la stessa presenza scenica di Schwarznegger, tutti privi di personalità e destinati a divenire un elemento sullo sfondo, pronto ad esser rimpiazzato in men che non si dica.
    Tutte le minacce che incombono su John Connor (Christian Bale) si susseguono senza soluzione di continuità, decretando da una parte uno spettacolare film d’azione, ma dall’altra parte privo di trama, i cui rari colpi di scena si perdono all’interno di uno sviluppo narrativo in cui i protagonisti non riescono ad incidere.
    Bale, granitico leader della resistenza, ha paradossalmente poco spazio, avendo il regista tributato questa pellicola ai miracoli dei moderni effetti speciali; nei rari momenti in cui non dominano la scena, questa viene condivisa con l’altro importante personaggio, Markus Wright (Sam Worthington), vera sorpresa, in positivo, del film. La sua prova è di buon livello, superiore all’unica espressione cupa che Bale riserva per qualsiasi evenienza.
    Tuttavia questo dualismo non giova nell’economia del film, non concedendo il giusto tempo e spazio necessari per delineare contorni un po’ più dettagliati e carismatici a questi personaggi; il cast di contorno d’altra parte non aiuta a creare situazioni nelle quali poterli vedere in scene differenti rispetto allo spara-e-fuggi a cui assistiamo per tutta la durata, privi di consistenza ed essenzialmente inutili ai fini della pellicola.
    Forse un film che, se fosse rimasto nelle mani di Cameron, sarebbe potuto essere un nuovo grande inizio, ma che allo stato attuale assomiglia di più ad un’occasione sprecata.

    Qui la scheda del film

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    "E quando è arrivato per te il momento per te di diventare un uomo, di affrontare il mondo, l'hai fatto.

    Ma qualcosa lungo il tragitto, ti ha fatto cambiare. Non sei esistito più, hai permesso al primo fesso che arrivava di farti dire che non eri bravo, sono cresciute le difficoltà, ti sei messo alla ricerca del colpevole, e l'hai trovato in un'ombra.

    Ora ti dirò una cosa scontata: guarda che il mondo non è tutto rose e fiori. E' davvero un postaccio misero e sporco e per quanto tu forte possa essere se glielo permetti ti mette in ginocchio e senza niente per sempre.

    Né io né tu nessuno, può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti, non è importante come colpisci, l'importante è come sai resistere ai colpi, come incassi, e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti!

    Da Rocky Balboa
    Così sei un vincente!

    E se credi di essere forte, lo devi dimostrare che sei forte, perché un uomo vince solo se sa resistere, non se ne va in giro a puntare il dito contro chi non c'entra, accusando prima questo e poi quell'altro di quanto sbaglia.

    I vigliacchi fanno così e tu non lo sei! Non lo sei affatto!"



    Rocky Balboa - Rocky Balboa

    Edited by tayger - 19/9/2012, 20:41
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    Onestamente non ne sono nulla di filmterapia, non so nemmeno se abbia basi scientifiche, ma tanto a noi che ce ne importa? :)
    Certo è che ognuno di noi può trovare qualcosa che lo colpisca nel profondo in un film, una frase, un frangente, una situazione, un'immagine, qualcosa che sappia smuoverci, emozionarci, scuoterci e farci sentire non parte del film, ma NEL film, come se quei pochi istanti appartenessero alla nostra vita.
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    A me il primo è bastato ed avanzato.. ed onestamente non lo riguarderei volentieri
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    La censura è un tema delicato tutto sommato, e se è vero che dovrebbe esserci libertà sia di espressione che di fruizione, è anche vero che una libertà senza un minimo di regole tende a trasformarsi in caos, anarchia.

    E qui mi accodo alla questione lanciata da Francesca: è necessario veramente un linguaggio così forte? Punto il dito contro Cannibal holocaust, per le, purtroppo, celebri immagini degli animali uccisi realmente.
    Se in generale è difficile saper dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, in questo caso credo che vi possa essere solo un verdetto di condanna ed indignazione.

    Ma in tutto il resto, che resta nell'ambito della "finzione"? Vai a saperlo... è difficile decretare in sé e per sé un capolavoro o presunto tale prima di poterlo vedere, motivo per cui se ora vengono osannati Arancia meccanica et similia, fossero stati flop sarebbe stata ancora giustificata la loro violenza?

    Provo a ribaltare la questione: la funzionalità di scene forti, è direttamente proporzionale alla sua utilità nell'espressione delle tematiche trattate, o trova ragion d'esistere soltanto se vi è la mano di un regista famoso dietro, o se diventa un piccolo cult?

    Qual è la differenza tra la violenza di una Arancia meccanica e qualsiasi altro horror (volendo citare il genere cinematografico che racchiude le scene più forti) magari di serie z?
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    C'è stata una evoluzione nella scelta degli attori per Hulk, e in crescita. Seppur gli siano dedicati pochi minuti (rispetto agli Hulk precedenti) Mark Ruffalo per me è sicuramente il miglior interprete di Bruce Banner, capace di renderlo schivo ed insicuro, timido ed impacciato.

    Fa' sua la fragilità del personaggio, sospeso in bilico sempre dalla paura di trasformarsi in qualcosa/qualcuno che non sa controllore, che non è lui ma che ha vita propria.

    In realtà in The avengers l'ultimo Hulk inizia ad avere barlumi di lucidità umana..
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    Mamma mia... quanta roba...
92 replies since 6/2/2008
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