Ennesimo capitolo di una di quelle serie che ha segnato il cinema e lanciato nel firmamento di Hollywood una delle stelle più amate dal grande pubblico.
E che ha regalato a più generazioni un'icona pop tra le più famose e convincenti, tanto da spingere i produttori a riesumarla ben dodici anni dopo il precedente capitolo, il terzo,
Die hard - Duri a morire.
Il capitolo della rinascita è stato in grado di contestualizzare il buon John McCane in un mondo nuovo, moderno, tecnologico, al passo coi tempi, dando una lustrata al suo personaggio e rendendo il film un po' più patinato nelle sue esagerazioni.
Quello di cui stiamo parlando fa' un piccolo passo indietro, tornando ad un'azione più fisica e testosteronica, raddoppiano la dose di violenza introducendo il figlio del protagonista, che lo accompagnerà nelle sue pericolose peripezie in Russia e dintorni.
Ma fin da questa premessa abbia un punto di rottura con il passato, avendo McClane non più una spalla "comica" ma un compagno di squadra pronto a supportarlo nella lunghissima sequela di esplosioni e sparatorie. Non a caso ho parlato di dose raddoppiata di violenza, poiché non abbiamo più un Samuel L. Jackson o un Justin Long che compare al suo fianco per dargli la possibilità di tirar fuori il suo lato più ironico, quello per cui è ancora uno dei personaggi cinematografici più amato.
La prima impressione che si ha è che McClane sia un personaggio stanco senza più molto da dire, e che lo stesso Bruce Willis si sia stancato di riproporlo; si ha quasi la sensazione che il film rappresenti una sorta di passaggio di testimone, un lascito di un eroe di una generazione passata ad uno in erba che possa raccogliere nuovi consensi.
Fosse così, sarebbe un problema.
Proprio durante la visione del film, un'idea è balzata in testa: qual è la differenza tra una lunga serie come quella di James Bond, e quella di John McClane? O meglio, cosa differenzia i due protagonisti, per cui uno ha un film in produzione praticamente ogni anno, e l'altro con tempi molto più dilatati?
Il punto è che essere James Bond è una sorta di stile di vita adottato dall'attore, un savoir faire, un fascino che di volta in volta può essere riadattato di volta in volta a seconda di chi ne veste i panni.
Parlando di John McClane invece, questo è un personaggio che non può non identificarsi che con un solo volto, e che non può quindi essere abusato da uscite a raffiche, pena il rischio di diventare troppo ripetitivo e fine a sé stesso.
Ed è proprio la prima impressione che si ha, quella di trovarsi di fronte ad un personaggio che meriterebbe di restare nella memoria degli spettatori, ma che non ha più necessità di dimostrare alcunché, avendo già dato il meglio di sé.
Perché in q...
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