1. X-Men: le origini – Wolverine
    Gavin Hood - 2009

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    Il filone fumettistico continua a rivelarsi una miniera d’oro per Hollywood, da cui estrarre pellicole che nel corso del tempo sono riuscite ad avvicinarsi ad un cinema di buona qualità, che non aneli al facile successo soltanto grazie ad un brand di forte impatto.
    X-men origins: Wolverine rappresenta non solo l’ultimo capostipite del genere, ma anche il primo spin off della serie che ha dato il là al tutto, X-men.
    La necessità di questo episodio muove ovviamente da ragioni prettamente commerciali, volte a sfruttare una delle icone pop contemporanee più famose ed amate, senza che queste vadano ad inficiare sulla qualità del prodotto finale.
    Il risultato è invece di indubbio valore, cui si è giunti grazie all’efficace cambio effettuato dietro la macchina da presa: se nel passaggio da Bryan Singer (X-men, X-men 2) a Brett Ratner (X-men 3: Conflitto finale) la serie iniziava ad accusare alcuni cedimenti, in X-men origins: Wolverine Gavin Hood (Rendition, Tsotsi) riesce a dare una nuova impronta alla serie, più seria e drammatica, come si confà a un personaggio tanto complesso quanto questo.
    La trasposizione cinematografica di Logan sin dall’inizio è stata accompagnata dagli applausi dei fan, diventando inevitabilmente il personaggio chiave di tutta la serie: tuttavia, se ciò appariva chiaro ed evidente (soprattutto nel secondo episodio), nel terzo capitolo la necessità di ampliare la rosa dei mutanti non è stata controbilanciata da una trama sufficientemente robusta da dar il giusto spazio ad ognuno di essi.
    Preso atto dei difetti, Hood cambia direzione, sacrificando la struttura corale, troppo dispersiva, in favore di una trama concentrata su Wolverine (Hugh Jackman), volta ad illuminare le zone d’ombra del suo passato. Inevitabilmente il film sterza verso maggiore drammaticità, introducendo personaggi chiave nella storia del personaggio, tra tutti Victor Creed (Liev Schreiber), William Stryker (Danny Huston) e Kayla Silverfox (Lynn Collins).
    Se Jackman ha il phisique du role per interpretare Wolverine (e a cui deve gran parte della sua popolarità), e Schreiber non sfigura nel ruolo di nemesi del fratello, è un peccato vedere così trascurato un personaggio affascinante e stravagante come Gambit, relegato a un ruolo marginale ed inserito quasi a forza nell’intreccio narrativo.
    È tuttavia una scelta coerente con il resto del film, nel quale i personaggi secondari restano ai margini della storia principale e sono puramente funzionali rispetto ad essa, senza alcuna eccezione: la mano esperta di Hood riesce comunque a non palesare tale artificio, riuscendo ad oliare con sufficiente maestria i meccanismi con i quali i vari personaggi si alternano sulla scena.
    La maggior drammaticità è espressa con vigore attraverso un uso più consistente dei primi piani, volti a catturare e sottolineare i momenti topici a cui prestar più attenzione; la seriet...

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    Last Post by tayger il 21 Nov. 2012
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