The italian job: Leonardo Notarbartolo

La rapina di diamanti

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    Francesca

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    The italian job: Leonardo Notarbartolo

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    Nel febbraio 2003 Notarbartolo è stato arrestato come capo di una banda di ladri italiani. L’accusa: essere penetrati in un caveau, due piani al di sotto del World Diamond Center di Anversa, ed essersela svignata con un bottino di 150 milioni di dollari in diamanti, oro e gioielli. Il caveau veniva considerato impenetrabile. Era protetto da rivelatori di calore a raggi infrarossi, un radar Doppler, un campo magnetico e un lucchetto con 100 milioni di combinazioni possibili. Lo hanno definito il colpo del secolo e ancora oggi la polizia non è in grado di spiegare come abbiano fatto i ladri.

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    CITAZIONE
    E’ il 16 febbraio 2003. La notizia del furto viene data dal proprietario di una cassetta di sicurezza. I belgi non si sono accorti di nulla. Sono furiosi. Si sentono vulnerabili. Qualcuno ha violato la capitale mondiale delle pietre preziose. Qualcuno ha aperto come burro il posto più sicuro ed inviolabile. Il Diamond Center di Anversa. La caccia all’uomo parte implacabile. I belgi organizzano la più grande caccia all’uomo degli ultimi cinquanta anni. E arrivano a Torino. E già. Sono proprio torinesi almeno tre degli otto banditi. E la mente, l’ideatore del piano, colui che per almeno sei mesi ha studiato ogni dettaglio, in modo semplicemente perfetto è proprio Leonardo Notarbartolo.
    Un piano perfetto. Un’esecuzione perfetta. Senza una sbavatura. Senza armi. Senza effrazioni. La polizia si è accorta del furto solo il giorno dopo.
    Notarbartolo torna in Italia all’inizio del 2009. Dopo aver scontato solo sei dei dieci anni di reclusione. E racconta ai giornali italiani tutti i dettagli di quella fantomatica esperienza. Si fa grande. Per aver realizzato il colpo del secolo. Lui il Lupin italiano ha beffato nientemeno che la patria di Hercule Poirot. E la storia che racconta sembra di vederla in un film.
    «La vorrei ingaggiare per un furto. Un colpo grosso». Un commerciante ebreo lo avvicina mentre sta finendo di bere il suo caffè sull’ Hovenierstraat. Notarbartolo è famoso in Belgio. Lui ruba per vocazione. Per passione.
    Dopo due mesi da quell’incontro Leonardo entra nel quartiere dei diamanti con una vistosa penna nuova nel taschino. Con una micro-videocamera. E il piano prende vita.
    Costituisce una società inesistente. La Preciosa. Fitta l’ufficio operativo proprio nel Diamond Center. Esattamente sopra la sala delle cassette di sicurezza. Acquista una cassetta di sicurezza nel caveau del centro. Passa mesi ad annotare, a filmare, a disegnare piantine, a studiare il sistema di allarme e i turni di sorveglianza. Apprende e approfondisce ogni dettaglio. E poi conosce la gente giusta. Gli esperti del mestiere. Insieme imparano tutto sul Diamond center. Proprio tutto. Dove mettere piedi, mani e attrezzature. Come muoversi a memoria. Ad occhi chiusi.
    “Il genio” è dedicato ai sistemi di allarme, alle telecamere e alla tecnologia da neutralizzare. “Il mostro” a tutti i dettagli. “il re delle chiavi” alla duplicazione delle chiavi impossibili. “Dita d’oro” all’apertura delle cassette. E’ in grado di scassinare qualsiasi serratura.
    Tutto è perfetto. Tutto è pronto. Può partire il film. Il 15 febbraio 2003 il primo “Ciak si gira”.
    Lacca per coprire il sensore che rileva calore e movimenti. Una telecamera per riprendere il numero della combinazione. Uno scudo isolante per ricreare un tunnel protetto dagli infrarossi. L’annullamento del campo magnetico che face scattare l’allarme nel caveau. E sono dentro. Alle 5,30 Dita d’oro ha aperto 142 cassette su 160 e infilato il contenuto nelle borse.
    Un lavoro pulito, metodico, preciso, da catena di montaggio.
    Un lavoro così preciso che lascia la firma.


    L’arresto

    Ma come sempre accade ci si perde sul finale. Nella fase della fuga, dell’attesa. Dopo essere stati per un giorno intero nascosti nel caveau, gli otto ladri si ritrovano per dividersi il bottino. Hanno raccolto in un sacco tutto quanto avrebbe potuto ricondurre a loro. E lo hanno buttato via. Lontano. Ma non abbastanza. Nel campo di un contadino. Che lo trova e lo porta alla polizia. E’ l’inizio della fine. I materiali, gli strumenti utilizzati, le ricevute della società fantasma intestata a Notarbartolo, le tracce di DNA. Una strada aperta verso l’arresto.
    Intanto gli otto attendono di poter riciclare il bottino. E’ difficile. Ci vuole tempo. Perché i diamanti che hanno rubato sono importanti e conosciuti. La notizia della beffa ai danni dei sistemi di sicurezza belgi ha fatto il giro del mondo. Occorre attendere. Ma Notarbartolo proprio non ce la fa. I diamanti sono una passione. A volte letale. Un trofeo. Solo un piccolo ricordo di una grandiosa impresa. Cosa sarà mai portarsi a casa un diamante. Uno solo. Il diamante che lo incastrerà definitivamente. Che dopo tre giorni dal furto verrà ritrovato dagli agenti della squadra mobile di Torino nel suo appartamento. Un diamante confezionato con ancora il numero di serie. La carta di identità dei diamanti di Anversa.
    Lui e la moglie sono i primi ad essere arrestati. Gli altri seguiranno a ruota. Incastrati dalla loro stessa superficialità.

    Il bottino

    Sono entrati in un caveau considerato impenetrabile. Protetto da rivelatori di calore a raggi infrarossi, da radar, un campo magnetico e un lucchetto con 100 milioni di combinazioni possibili. Sono stati invisibili. Ancora oggi la polizia non è in grado di spiegare come abbiano fatto. Sono stati arrestati tutti. Ma la refurtiva non è mai stata trovata.

    E oggi, dopo la scoperta dei diamanti nella BMW 118, dopo che ancora una volta la passione per i diamanti è stata fatale a Notarbartolo, il pensiero non può non tornare a quel 16 febbraio 2003 e agli oltre 200 milioni di euro di bottino.

    Claudia Migliore
    , gialli.it

     
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