1. La famiglia Belier - Recensione

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    By tayger il 14 Mar. 2015
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    Un film che in realtà è molto più difficile da digerire di quanto si possa pensare. Non perché sia particolarmente complesso o profondo, ma per il semplice fatto che è diverso da quanto si possa presumere dal trailer.
    E' una pellicola sincera, fatta con il cuore, con slancio ma ragionato, cercando di entrare in punta di piedi in un argomento che rischiava di diventare un incipt per una commedia senza arte né parte o un mattone introspettivo sulle ingiustizie sociali.
    Riesce invece a camminare in bilico tra le cose, strizzando l'occhio di quando in quando da una parte e dall'altra, sospesa nella sua leggera vena naif che le permette di giocare e scherzare senza essere irrispettoso, ma con una ironia contagiosa che sa strappare risate oneste e sincere, senza dimenticarsi il messaggio di fondo che vuole portare avanti.
    Dimostrare, in un'unica, potente scena, quale sia il mondo dei sordomuti, come vivano (o non vivano) la quotidianità di chi vive normalmente, ricordandoci poi durante la visione quali problemi possano incorrere, che possiamo anche immaginare ma che non possiamo, ovviamente, completamente comprendere.
    Si ride e si pensa, una formula magica che non stona e non appesantisce il cuore, che sa far incontrare due mondi senza denigrarne uno o elogiare l'altro, senza fenomeni da baraccone che si scoprono improvvisamente geni dei numeri o della musica, ma che descrivono, nel linguaggio cinematografico ovviamente, il mondo vissuto con delle disabilità.
    Il regista è bravo a non scadere nella retorica, a cercare le facili soluzioni strappalacrime che fanno presa sul pubblico ma che forse in fondo dicono poi del film, dirigendolo invece in maniera asciutta e senza fronzoli, senza appesantirne la visione e lasciando che siano i personaggi, la storia, a parlare.
    Non è un film esente da difetti, che di tanto in tanto bussano all'attenzione dello spettatore per ricordargli perché non sia un film così facile da digerire. Ma è comunque un progetto che nasce da un intento nobile, a cui seguono fatti concreti dai risultati più che lodevoli, supportati da performance che in un contesto del genere non sono affatto deprecabili, anzi.
    Nella sua vaga natura indie, il film sa estraniarsi dalla logica del blockbuster per concentrare i suoi sforzi solo sulla sostanza -pur con qualche innesto narrativo un po' troppo forzato-, meritandosi di fatto la nomea di "film che vi farà bene".

    Tayger
    Last Post by tayger il 14 Mar. 2015
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  2. Lucy - Recensione
    Luc Besson - 2014

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    By tayger il 30 Sep. 2014
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    Lucy-2014-Movie-Review



    Banalmente si potrebbe sintetizzare come un Limitless dal piglio più filosofico, senza voler peraltro screditare il film di Besson.
    Questo perché le analogie sono tante ed evidenti, ma che vengono sfruttate dal regista francese per poter dire la sua nel nuovo filone d'oro di Hollywood, i supereroi, utilizzando un approccio diverso, tendenzialmente meno da blockbuster e più intimo ed introspettivo.
    Una scelta per certi versi bizzarra, e che deve scendere a compromessi (non per forza negativi) implicando un'eroina piuttosto piatta e monodimensionale, che paradossalmente però porta con sé una morale non così scontata e fine a sé stessa.
    Una pellicola che ci immerge immediatamente nell’azione, con pochi, necessari preamboli, al fine di dare un incipt per lo meno funzionale all’azione che verrà in seguito, di cui è farcito il film: rispetto al film sopracitato, il taglio dato è infatti più action, in alcuni ambiti anche crudo e molto diretto, in una sorta di affermazione di un’identità diversa in relazione a tanti comic movie a cui evidentemente strizza l’occhio, senza volerne essere però né copia spudorata né parodia.
    La mano di Besson produce quindi un prodotto che sa sia di deja vu che di innovativo, in una ricetta che però scade verso il finale, in una ricerca ossessiva di dare un taglio profondo al film: la morale che ne consegue, seppur capace eventualmente di dare adito a riflessioni, non è supportata da uno sviluppo adeguato, che risulta essere insipido, dozzinale e quanto mai noioso.

    Un film che si lascia vedere, che non si lascia ricordare e che soprattutto deve essere visto fino a dieci minuti dalla fine.
    Last Post by tayger il 30 Sep. 2014
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  3. The Giver - Il mondo di Jonas - Recensione

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    Difficile da valutare, come un classico studente capace che non si impegna, dalle qualità intrinseche evidenti ma che non brillano e si limitano al compito accademico.
    Un deficit del regista, che sa condurre in maniera decisa e precisa i due protagonisti principali, ma lascia soli a loro stessi tutti gli altri comprimari, in un gioco di equilibri che per forza di cose inficia sullo sviluppo logico ed ordinato della trama.
    Una serie di forzature che non si inseriscono in maniera sempre armoniosa, granelli di sabbia che fanno stridere gli ingranaggi della sceneggiatura, la cui eco risuona prepontemente ad ogni incidere della pellicola, sino allo sconcertate finale, che nella sua frettolosità ed inconcludenza, corona una pellicola dalle promesse mai mantenute.
    Perché l'ambizione è presente, ma è il metodo che manca, con uno stile registico che confonde il simbolismo poetico di Pleasentville con le telecamere alla Lucignolo, in una mix esplosivo di ingenuità ed incapacità.

    Tuttavia la trama regge, pur nella sua prevedibilità, obolo dovuto ai più recenti precursori del distopismo, che hanno spianato la strada a questa nuova ondata di teen movie. Quel che rovina il contesto sono i personaggi secondari, appena abbozzati e mai approfonditi abbastanza da renderli interessanti, ma solo funzionali ai fini delle sceneggiatura e a conti fatti ombre impalpabili rispetto ai protagonisti principali, che nel loro piccolo più o meno brillano, o per meriti propri (Jeff Bridges, azzeccatissimo) o per merito della mano del regista (Brenton Thwaites).
    Nel complesso un film che in ogni caso si lascia vedere tranquillamente, la cui visione però disturbata da un tarlo perenne che sottolinea tutte le incongruenze della regia.

    6,5

    Thai Kien Trieu
    Last Post by tayger il 22 Sep. 2014
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  4. Skyfall - Recensione film

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    James Bond non è solo un nome: è uno smoking, un completo, un drink, un Aston, una pistola, un'icona pop, vesti che di volta in volta vengono indossate da attori diversi, ai quali si adatta, nascondendo le generalità per ammantarli con il proprio mito.
    007 viene sempre fuori, chiunque sia l'attore, ma è certamente vero che non tutti sanno adeguarsi a questi panni; il ciclo di Daniel Craig, partito tra mille dubbi e contestazioni, sta rilanciando questi panni, rendendo il personaggio molto vulnerabile ed imperfetto, di capitolo in capitolo, ma sempre pregno di grande fascino.
    Forse ancora di più ora, essendo molto meno eroe e molto più uomo, colpito nelle sue fragilità ed incertezze, nel suo passato e nel suo presente, sia con M che con il resto dell'IM6: è proprio da questi elementi che il film si dipana raccontando la parabola dell'agente più famoso del mondo, che conosce l'oblio del tempo che passa, relegato ad un angolo incapace di tener il passo con i tempi, senza appigli né scusanti.
    Ed è proprio dai meandri del passato (di M) che emerge il nuovo villain, un fantastico Javier Bardem che ci regala un nemico camaleontico, poliedrico, dalle mille sfaccettature, capace sia di divertire che di intimorire, fermo al suo ideale di vita: la vendetta.
    Due personaggi allo specchio, che partendo da origini simili, si ritrovano a vivere simili situazioni, a cui ognuno di loro darà poi una differente svolta, con ovvie conseguenze.
    C'è ben poco da parlare riguardo a queste conseguenze, perché se nel film bisogna trovare un difetto, sta proprio nella trama o meglio, nell'assenza di particolari sorprese od eventi inaspettati: tutta la vicenda si dipana lungo un canovaccio piuttosto prevedibile, senza particolari invenzioni o cambi di registro nella sceneggiatura, privilegiando quindi una visione apprezzabile indistintamente, a differenza del precedente Quantum of solace che, oltre ai rimandi al capitolo precedente, peccava anche di una trama al contrario fin troppo confusionaria e sfilacciata, rendendo il tutto soltanto un'ammucchiata di inseguimenti e pallottole.
    Se la sostanza è sempre di elevato spessore, essendo Bond il perno centrale di ogni film, anche la forma viene sempre più curata, grazie alla mano sapiente Sam Mendes che, con i suoi collaboratori, sa donarci prospettive mozzafiato del mondo dell'agente segreto più famoso al mondo.

    Qui la scheda del film



    Edited by tayger - 15/11/2012, 18:20
    Last Post by tayger il 14 Nov. 2012
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