Romanzi sul Cinema

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  1. Caos Ordinato
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    Io avrei una richiesta un po' particolare.
    Premetto che secondo me il metodo migliore per documentarsi sulla Storia del Cinama è guardare films! Purtroppo però non mi è sempre possibile per questioni di tempo ma anche di reperibilità degli stessi. Dato questo fatto, da uno o due anni stò cercando di documentarmi leggendo vari manuali o critiche prese un po' a caso (lo ammetto) dalle sezione Cinema delle librerie.
    Purtroppo spesso però tra date la miriade di titoli citati e anche un po' il linguaggio critico, è più quello che passa senza essere recepito che quello che trattengo come interessante e utile.
    Un po' di tempo fa però mi sono imbattuto nel romanzo "La straordinaria invenzione di Hugo Cabret"(poi come il film ha fatto) che seppur romanzando comunque offre dei dati sulla Storia del cinema, che poi ovvio ho approfondito io, ma comunque offre una inquadratura generale non annoiando affatto, senza l'uso manualistico (passatemi il termine) delle informazioni.

    Tagliando corto la mia domanda è: Siete a conoscenza di Romanzi che parlano del Cinema o che in qualche modo hanno a che fare con quest'Arte? Anche non direttamente, ma che possono offrire un piccolo bagaglio culturale del cinema?

    Anche se non sono propriamente Romanzi fa nulla, basta che non siano Manuali, Studi o Critiche.
     
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    Francesca

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    Così a memoria, senza andare sulla manualistica che a volte può risultare un pò pesante, ti suggerisco un paio di cose.

    Prima di tutto c'è Hollywood Babilonia (Edizioni Adelphi), che non è esattamente un romanzo di fiction, ma racconta vari episodi legati ad attori, registi e quant'altro, ed è un libro davvero piacevole.

    In questo libro, che Susan Sontag ha definito «leggendario come ciò di cui parla», Kenneth Anger si è rivelato il primo adeguato chroniqueur, il più felice e amaro favolista del mondo di Hollywood. Con tocco sicuro, da grande maniaco del cinema, Anger ci fa constatare come gli scandali, i pettegolezzi, i suicidi, gli amori, le morti sospette, le perversità, i trionfi, i delitti e gli imbrogli avessero un altro colore a Hollywood: quei fatti sordidi e scintillanti andavano infatti subito a disporsi tra le vaste costellazioni dello star system, le loro oscurità nutrivano la luce irreale dello schermo. «Più stelle che in cielo» era un motto della Metro Goldwyn Mayer. Oggi, dopo decenni in cui lo star system è stato additato come macchina di depravazione commerciale e di svendita dell’arte al dollaro, cominciamo finalmente a intenderlo alla lettera: sistema di miti, orbite di astri, varianti e ripetizioni inesauribili di Storie e Figure Esemplari. In fondo, l’unico grande sistema mitologico che il nostro tempo abbia saputo offrirci. E, guidati da Kenneth Anger, qui ci avviciniamo al mito di Hollywood con lo spirito che gli è più congeniale: quello di Laforgue, dove la devozione si congiunge al sarcasmo e la parodia non si pone alla fine dei tempi ma alla loro origine. La Babilonia di gesso che Griffith fece costruire nel 1915 per accogliervi centinaia di comparse, e poco tempo dopo era un cimitero di relitti e di erbacce, è il luogo perenne del cinema, e da questo punto – soglia dell’Epoca dei Dubbi Splendori, quando Hollywood appariva a un osservatore attendibile come Aleister Crowley abitata da «una banda di maniaci sessuali pazzi di droga» – giustamente muove il racconto di Anger. Fatty e Hearst, Chaplin e Valentino, von Stroheim e Mae West, Errol Flynn e Marlene Dietrich, Lupe Velez e Robert Mitchum, Lana Turner e Judy Garland, e tanti nomi ormai sepolti, sfilano tutti davanti a noi, fra episodi atroci e dettagli oltraggiosi, in immagini della loro vita intima che si mescoleranno per sempre a quelle delle loro opere. Perché è appunto una caratteristica del sistema di Hollywood quella di essere onnivoro: tutto ciò che riguarda i suoi personaggi gli appartiene, tutto fa parte della sua scena, le gonnelline di Shirley Temple come l’epidemia di suicidi con il Seconal. Alla fine, si ha addirittura il sospetto che le ragioni commerciali stesse siano il pretesto per una grandiosa e involontaria applicazione dell’art pour l’art. Così, anche Hollywood Babilonia fa parte del cinema di Hollywood: al termine di queste pagine, dove il testo vive dentro le immagini e le immagini dentro il testo, dove nessun particolare è superfluo e tutti hanno un loro cupo smalto, come in un von Stroheim di ambiente californiano, potremmo dire di aver visto il cinema raccontare se stesso in un grande film nero. Anger scrisse in francese una prima versione di Hollywood Babilonia, che venne pubblicata da Pauvert nel 1960. La versione inglese, con testo e immagini in gran parte nuovi, è stata pubblicata nel 1975 e qui appare tradotta.


    Hollywood - Istruzioni per l'uso, di A. Balasz. Raccoglie una serie di racconti (e non solo) sul mondo del cinema. Gli autori sono tutti molto bravi e di nome. E' davvero un bel libro, se sei appassionato di quel mondo.


    Ci sono poi delle biografie meravigliose, che somigliano a romanzi invece che a saggi. Penso al famoso libro-intervista di Truffaut a Hitchcock, ma anche a tutte le biografie di Donald Spoto che sono davvero molto belle, ben fatte e di piacevole lettura.
    Anche i gli scritti di Mamet sul cinema sono ottimi, la scrittura è leggera e ironica, ma è saggistica.
    Molto bella l'intervista di Cameron Crowe a Billy Wilder:, sempre di Adelphi.

    Fuori dal teatro dove si è appena conclusa l’anteprima di Viale del tramonto, Louis B. Mayer sta arringando una schiera di fedelissimi: «Bell’ingrato il signor Wilder, a sputare nel piatto dove mangia». Dalla folla esce un omino, che si rivolge all’onnipotente e temutissimo capo della mgm: «Mi scusi, Mr Mayer, Wilder sarei io. Volevo dirle una cosa: perché non va a farsi fottere?». Fra le molte ragioni della fama di Billy Wilder, una era l’assenza di cautele diplomatiche – qualità decisamente rara in un ambiente votato, come Hollywood, alla consacrazione delle apparenze. La conferma arriva da questa lunga intervista con il giovane collega Cameron Crowe, nel corso della quale Wilder apre per la prima volta i suoi archivi. Davanti ai nostri occhi prende così forma una storia meravigliosa, fatta di fotografie in gran parte inedite, come quelle del prologo originale di Viale del tramonto, giudizi letali, consigli a chi è nuovo del mestiere. Parecchi idoli vengono infranti, alcuni sipari strappati, ma l’inspiegabile malia del cinema ne esce miracolosamente intatta. Tanto che alla fine la migliore elegia per Wilder sarà quella che lui stesso scrisse per il suo grande maestro, e per il mistero di un tocco ormai perduto: «Io so che cos’è il paradiso. È Lubitsch».


    Se ti interessa esclusivamente la fiction, tra gli autori maggiormente interessati a Hollywood consiglierei il "mio" Ellroy (Dalia nera, Il grande nulla, American tabloid che è il più indicato con tutta la sua descrizione di Hughes, Ava Gardner e gli altri), ma anche Elmore Leonard. Tutti noir ambientati più o meno nel mondo del cinema.


    E anche tutti i libri di Bogdanovich! A partire dall'intervista a John Ford, per proseguire con i due volumoni "Che c'è in quel film?", della Fandango.

    Peter Bogdanovich, regista, sceneggiatore e critico cinematografico, ha lavorato tutta la sua vita con i più grandi attori di Hollywood. Ha iniziato la sua carriera proprio come attore (ha debuttato sul palcoscenico nella produzione di Finian’s Rainbow), ha osservato il lavoro dei suoi colleghi (frequentava il teatro ogni settimana dall’età di 13 anni diventando spettatore di tutti gli spettacoli di Broadway e off Broadway ) e ha studiato recitazione con Stella Adler(fondamentale per la sua formazione artistica come attore e regista). Chi c’è in quel film? ripercorre un’esperienza di vita interamente votata all’amore per il cinema e per quelli che sono considerati ancora oggi le icone della cinematografia americana. Attori con cui Peter Bogdanovich ha lavorato, che ha diretto o che ha solo ammirato da lontano. Per citarne solo alcuni: Stella Adler, Humphrey Bogart, Marlon Brando, James Cagney, John Cassavetes, Charlie Chaplin, Montgomery Clift, Marlene Dietrich, Henry Fonda, Ben Gazzara, Lillian Gish, Cary Grant, Audrey Hepburn, Boris Karloff, Jack Lemmon, Jerry Lewis, Dean Martin, Sal Mineo, Marilyn Monroe, Anthony Perkins, River Phoenix, Sidney Poitier, Frank Sinatra, James Stuart e John Wayne. Questi 25 ritratti e conversazioni sono tuttora insuperate nella loro evocazione di un certo tipo di grande cinema che probabilmente è scomparso.


    Così, questi mi vengono in mente a memoria.
    Ti interessano comunque episodi veri legati al cinema, mi pare di capire...
     
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  3. Caos Ordinato
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    Esatto grazie mille per i titoli! Vedrò di vederli uno a uno quando ho un po' più di tempo!
     
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2 replies since 25/3/2012, 10:32   377 views
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