Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee

Serial killer

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    Francesca

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    Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee

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    Jeffrey Lionel Dahmer (West Allis, 21 maggio 1960 – Portage, 28 novembre 1994) è stato un serial killer statunitense, noto anche come Il cannibale di Milwaukee o Il mostro di Milwaukee. Responsabile di diciassette omicidi effettuati tra il 1978 e il 1991 con metodi particolarmente cruenti.

    Il primo omicidio
    Nel 1978, subito dopo il divorzio dei genitori e il conseguimento del diploma della scuola superiore, Dahmer mise in atto il suo primo omicidio. La vittima fu Steve Hicks, un autostoppista di diciannove anni: in quell'occasione l'assassino invitò il giovane nella casa dei genitori rimasta vuota, gli offrì una birra, ebbe con lui un rapporto sessuale e lo uccise colpendolo con un bilanciere e soffocandolo. Successivamente smembrò il cadavere e ne nascose i pezzi in dei sacchi per l'immondizia che furono poi sepolti nel bosco situato dietro la casa dei genitori.

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    La cattura
    Il 22 luglio 1991 Dahmer invitò Tracy Edwards nella sua abitazione, dove gli fu somministrata una dose di sonnifero, fu ammanettato ad un braccio e costretto ad entrare nella stanza da letto. Accortosi della presenza di foto di cadaveri smembrati appese ai muri e di un odore insopportabile proveniente da un barile, Edwards colpì l'aggressore e fuggì dall'appartamento. Fermato da una pattuglia della polizia, con la propria versione convinse gli agenti ad andare a controllare l'appartamento di Dahmer, all'interno del quale furono ritrovati numerosi resti di cadaveri conservati nel frigorifero.

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    Il processo
    Per poter effettuare il processo (iniziato il 30 gennaio 1992), furono adottate severe misure di sicurezza per proteggere l'imputato da possibili aggressioni da parte dei familiari delle vittime. Nonostante la difesa avesse invocato l'infermità mentale per il proprio assistito, Dahmer fu riconosciuto colpevole dei 15 capi di imputazione e, con sentenza del 13 luglio 1992, condannato alla pena dell'ergastolo per ogni omicidio commesso totalizzando 957 anni di prigione.

    « Ora è finita. Qui non si è mai trattato di cercare di essere liberato. Non ho voluto mai la libertà. Sinceramente, volevo la pena capitale per me stesso. Qui si è trattato di dire al mondo che ho fatto quello che ho fatto, ma non per ragioni di odio. Non ho odiato nessuno. Sapevo di essere malato, o malvagio o entrambe le cose. Ora credo di essere stato malato. I dottori mi hanno parlato della mia malattia, e ora mi sento in pace. So quanto male ho causato... Grazie a Dio non potrò più fare del male. Credo che solo il Signore Gesù Cristo possa salvarmi dai miei peccati...non chiedo attenuanti. »

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    La morte
    Incarcerato nel Columbia Correctional Institute di Portage, durante i primi mesi di detenzione Dahmer si convertì al cristianesimo. In seguito ad un'aggressione subita il 3 luglio 1994 (fu ferito alla gola durante una funzione religiosa nella cappella del carcere), gli fu proposto il trasferimento in isolamento: Dahmer rifiutò finendo per essere nuovamente aggredito da Christopher Scarver, un detenuto sofferente di schizofrenia che lo colpì con un bilanciere trafugato dalla palestra del carcere. Tale aggressione risulterà fatale per il criminale, che morirà durante il trasporto in ospedale a causa del trauma cranico riportato. Il suo cervello fu in seguito prelevato e conservato per studi scientifici.

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    Riferimenti culturali
    A causa dell'efferatezza dei suoi delitti, la figura di Jeffrey Dahmer è stata più volte oggetto di riferimenti o citazioni in ambito musicale, cinematografico e letterario.
    *Il biopic Dahmer, del 2002, è interpretato da Jeremy Renner.

    Fonte: wikipedia

     
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